Le misteriose ombre del Primiero

I Gialli della Montagna

A capo della setta dei fratelli del Lussemburgo c'è un Conte di Vienna affiancato da un suo sottocapo, un ricchissimo trafficante di armi tedesco. I due contano più degli altri e possono decidere autonomamente anche sulle scelte più difficili. Si ritrovano, a tavola, per una cena graziosa, dentro lo scintillante scenario di un castello, alla periferia della capitale austriaca. "Sai - dice il Conte - quel nostro fratello, quella sua frase... ha messo in dubbio la nostra lealtà.” Sì, la lealtà, messa in dubbio, quando aveva detto: "Qualcuno ha tradito, magari non uno di noi...". Un tragico errore per la consorteria che lima, pesa, misura le parole. "Hai ragione - ribatte l'industriale - forse sta perdendo colpi, dovremmo prendere provvedimenti...". Minuti interminabili di silenzio.

Il Conte fa un cenno con la testa. L'industriale capisce il senso infausto di questo movimento del corpo. E aggiunge: "Io penso che abbiamo due indizi per capire quello che è successo...". "A sì? Quali?". "Quella donna che si nega a dare il passaggio della strada per accedere al nostro parco giochi...". "No, no, è una donna sola, sarebbe incapace di organizzare un piano così diabolico...". "Allora la camorra, abbiamo avuto scontri durissimi sui piani di mantenimento e accensione dei forni…". "Non credo, non credo, questa è gente avida di soldi, non manderebbe all'aria la nostra fabbrica di denaro...".

Gli esponenti delle cosche dell'immondizia non hanno mai capito il fenomeno dell'effetto serra. Per loro la citazione avrebbe suonato come un plastico da serra per pomodori da smaltire, ovvero da bruciare. Ma sul business sono geniali. Il contrasto tra la mafia reale e quella legale era esploso sull'esatto regime di potenza di fuoco da dare ai bruciatori per il teleriscaldamento che avrebbe condotto il calore in tutta la perimetria del parco gioco e all'interno della grande cupola dove sarebbero state allestite le strutture per il divertimento. Le cosche volevano potenziare al massimo la combustione. Più si bruciava e più ci si arricchiva. E si erano dati l'immagine di veri amanti della natura con lo slogan: "Il Parco Verde per sempre".

Più immondizia bruciata e più calore prodotto e incanalato nei tubi che andavano in tutte le direzioni a portare acqua calda e conseguente scongelamento. Il punto del conflitto era la caduta verso il ridicolo che però, sembrava, alle cosche non preoccupare. L'idea iniziale e vincente stava nel doppio binario tra fantastica evasione e neve, tanta neve sulle piste. La Cupola e la montagna. Un tunnel delle streghe, una palude di coccodrilli al caldo, sotto la Cupola, e fuori il freddo, le rocce, gli impianti per andare su e giù con gli sci. Il "Parco Verde" significava invece un'altra cosa, una distribuzione continua e senza fine di calore, fino ai duemila metri. E il blocco totale dei più moderni impianti di risalita previsti nel progetto primario. Le cosche sapevano che il massimo regime dei bruciatori era possibile solo nei mesi più freddi e con l'arrivo delle altre stagioni l'economia della combustione avrebbe fatto scendere gli utili. Certo anche il "Parco Verde" sarebbe stato visto come una cosa nuova. Un posto caldo sempre e sempre confinante con il freddo. Un vero effetto serra, sperimentale. Progetto pilota di un fenomeno atteso.

Il Conte di Vienna ascolta, con pazienza, la giaculatoria del suo vice capo industriale e guerrafondaio. Si alza, lentamente, allontanandosi dal tavolo. Guarda il suo sottoposto con una faccia rassicurante e dice: "Non credo si possa trovare un movente in questo conflitto". "Lei crede davvero signor Conte?". "Io in persona, da solo e segretamente avevo concluso un accordo. Gli spazzini avrebbero gestito i territori fino ai mille metri. Noi, i russi e i siciliani, tutto il resto". "Come ha fatto, signor Conte?". "Con il profumo dei soldi ci si mette sempre d'accordo. Ho dato loro la gestione degli impianti esistenti e abbiamo convenuto sulla divisione esatta. A loro il "Parco Verde", a noi la neve...". L'effetto serra avrebbe riscaldato un inaudito numero di strutture sportive all'aperto consegnando al panorama una distinta visione della natura. Tutti, felici, aspettavano l'inizio dei lavori e l'arrivo dei proventi. Il capo congeda il suo gregario. L'enigma resta insoluto e con esso il rischio che possa esplodere una guerra spaventosa tra le due mafie contrapposte.

Ad Andrei stava succedendo qualcosa di notte. Quella notte, tra le montagne, fuori il buio, il freddo, la tormenta. Il ragazzo si sveglia con una forte sensazione di calore. Suda e si agita ma una potentissima luce lo avvolge. Irradia pace, serenità, benessere. Il ragazzo si addormenta in un attimo, raccolto in una felicità e pensando alla sua compagna Metit. Carezze ondulate sfiorano i suoi capelli, la fronte,la testa. La cavalla è inquieta sente dei passi, qualcuno si avvicina alla stalla.

Il Governo Italiano è pressionato da tutte le parti e pressiona a sua volta i vertici e gli inquirenti, di tutte le parti. Gli investigatori sono oggetto di attacchi e di satira. La popolazione li accusa di non riuscire nemmeno a conservare un cadavere.

All'obitorio di Trento, il corpo dell'uomo del fiume subisce una metamorfosi difficile da credere e raccontare ma il medico legale è costretto a stilare la sua relazione: "Sebbene fosse congelato e sottoposto ad una temperatura sufficiente a preservare dalla putrefazione il corpo e tutti gli organi vitali, il cadavere si trova ora nelle condizioni di una mummia risalente all'incirca ad ottocento anni fa. Nel cranio è apparsa la presenza di un grosso chiodo metallico conficcato nella parte centrale del cervello senza fori di entrata e di uscita. Nuove analisi effettuate sui tessuti evidenziano tracce di dna di svariati animali che appaiono e poi scompaiono ai nuovi rilevamenti. È scomparsa l'identità' facciale, il volto ora irriconoscibile è devastato da piaghe che non sono riconducibili come patologia in nessuna delle forme oggi conosciute dalla nostra letteratura scientifica". Il medico lascia cadere la penna e, pensieroso, dice a se stesso: "Adesso cosa mi succederà? Dovrò cambiare mestiere?".

Andrei si sveglia di colpo, avverte una leggera stanchezza ma Metit non può aspettare la sua ciotola e l'affetto del suo amico. Il ragazzo corre, corre , come tutte le mattine, con la sua chiave, per aprire il catenaccio a custodia del ferro che serra la stalla. "Metit, Metit... - alza la voce, come sempre, la voce - Metit…". E sente il suo sangue congelarsi. La cavalla è sparita, dentro la stalla nessun segnale, niente di insolito, solo un grande silenzio copre l'angosciante assenza della compagna. La madre sente da lontano il figlio piangere disperato. Corre, anche lei corre e lo raggiunge: "Cosa è successo? ...Cosa?". "Metit..!!! Dov'è Metit!!". La madre, come a voler ridurre il dolore del figlio: "Forse ha trovato la stalla aperta... ed è uscita... tra i boschi...". "Che dici!! Che dici!! Era tutto chiuso... mi prendi in giro... E poi Metit non sarebbe mai andata via da sola senza di me... Mai!! Mai!!".

Vai alla pagina:

1234567891011

Lascia un commento

Commenta questa pagina