Le misteriose ombre del Primiero
I Gialli della Montagna
L'innominabile stava per realizzare la sua più grande manovra speculativa che lo avrebbe reso l'uomo più ricco e potente del Trentino e lanciato la sua carriera politica fino ai palazzi più alti dei vertici nazionali. Con finanziarie e banche straniere si era garantito l'appoggio di tedeschi, inglesi, francesi e capi di governo di mezza Europa. Tutti i problemi pertanto erano stati superati, compresi i vincoli ambientali del Parco del Paneveggio. L'operazione stava per partire.
La più grande Disneyland della neve. Una cosa mai realizzata prima, da nessuna altra parte. Un parco dei divertimenti di gran lunga superiore a quello francese e di poco inferiore a quello americano ma con la differenza che questo sarebbe stato tra le montagne, tra le nevi e dunque molto differente. Una ricaduta economica senza pari avrebbe trasformato tutta la valle che da territorio sonnecchiante sarebbe diventato una Las Vegas di riferimento per tutto il mondo.
Osteggiare una cosa così nel sud Italia significava firmare la propria condanna a morte. E nel nord mitteleuropeo cosa avrebbe significato opporsi? L'innominabile è agitato, molto agitato e chiede con urgenza di parlare con lo psichiatra: "Questa stronza! Una stronza cattolica!". "Cerca di calmarti ora - dice lo psichiatra - calmati e raccontami tutto". "Mancava solo un passaggio, un passaggio accidenti, solo cinquecento metri di strada. Le ho offerto tutto quello che voleva a questa stronza...". "È la donna a cui è morto il marito? Ha un bambino... un cavallo?". "Sì accidenti, sì... mi ha detto che sono un uomo senza morale... un essere del diavolo che vuole trasformare in inferno i paradisi naturali e che non permetterà mai che tremila macchine al giorno passino dalla sua tenuta.". "Non ci sono alternative?". "Per arrivare al parco? Mah! Certo, potrei realizzare sette chilometri di strada fino ai duemila metri e sventrare montagne e bucare rocce, forare, forare, e con tunnel e strade... certo, tutto posso fare ma avrei bisogno di due anni di tempo e una barca di soldi e questo ritardo sarebbe la catastrofe. E non la posso nemmeno ammazzare questa stronza... non siamo in Sicilia!".
Lo psichiatra lo ascolta divertito e sorride con quella carica di sadismo che si alimenta con la sua professione. Allora l'innominabile aggiunge: "Senti, adesso ho veramente bisogno di te, devi entrare in campo. Occorre un crimine della mente, una cosa che solo tu puoi architettare". Il messaggio era chiaro, bisognava liquidare la donna, il bambino, il cavallo, ma in un modo pulito, applicando il metodo psichiatrico perché non ci fosse traccia di vittime tra i giochi e i divertimenti della nuova metropoli delle nevi.
Le forze dell'ordine avevano preferito non diramare la foto del morto nel fiume Cismón ma si erano adoperate con la stampa locale affinché, con un appello alla popolazione, qualcuno potesse dare informazioni su quell'uomo ora cadavere. Il messaggio aveva dato, per ora, un solo risultato. Un contadino del Molarén si presenta alla locale stazione dei carabinieri di Imèr e chiede di parlare con il maresciallo, uomo con il sangue del sud e la cultura del nord. Una perfetta sintesi dell'unità d'Italia. Molarén è una località che sovrasta dall'alto, con le sue bellezze dei boschi, il fiume Cismón e il contadino, una mattina presto, accende la sua macchina gelata per andare a Trento. Il maresciallo ama sintetizzare e sapere tutto: "Mi dica, cosa ha visto?". "Vede, io scendo da Molarén alle tre di mattina, sa, dovevo prendere un treno presto a Trento, un mio cugino si sposa a Verona, cose di famiglia...".
Allora il militare lo incalza sulla questione: "Lei ha detto di sapere qualcosa...". "I giornali maresciallo, dicono... se qualcuno sa di questo annegato... insomma. Ma io non so se è la stessa persona che ho visto". "Ecco, venga al dunque, cosa ha visto?". "Proprio mentre stavo per arrivare ad Imèr, all'altezza del municipio, un uomo vagava per strada, barcollava... sembrava ubriaco... vede… lei ha visto quel film su quel dottore che si trasforma... mi aiuti, come si chiamava quel film? Ah! aspetti...lo strano caso del dottor Jekyll e mister Hyde...". "Ma che diavolo c'entra dottor Jekyll?". "Sì, c'entra, perché quell'uomo non era ubriaco. Un momento sembrava a posto e poi... cambiava e cominciava a gridare, io volevo fermarmi ma ho avuto paura... ma con il silenzio della mattina presto si capiva tutto quello che diceva...". "E che diceva?". "Io ho capito solo tre cose...". "Si cosa?". "Prima ha detto "andate via, andate via, ho capito cosa devo fare, ma lasciatemi in pace…" Poi: non farò più del male, non farò più del male...". "Come se parlasse con qualcuno?". "Ecco... sì, proprio così, ma non appariva pazzo, sembrava che parlasse veramente con qualcuno, ma dopo ha cominciato a gridare, urlava frasi sconnesse, commentava tutto quello che vedeva, e rideva, rideva...". "Non ricorda altro?". "Si è messo a ridere dicendo "ma che diavolo ci fa qui la bandiera francese", forse si riferiva allo stemma del municipio, ma io ho avuto paura, tanta paura...".
Era lo stesso uomo di Feltre? Quello che aveva lasciato di notte la sua casa, svestito, in pigiama, quello che si era messo a vagare? Per giorni e giorni, senza mangiare, senza dormire. E se era lo stesso, come mai nessuno lo aveva visto o aiutato o segnalato quando si incamminava per le strade, per le campagne, per le montagne? Lo psichiatra siciliano lo aveva scelto come esecutore per la sua trappola. Aveva scelto l'uomo di Feltre, ma chi era veramente? Era lui il cadavere del fiume? Era l'uomo visto dal contadino?
Il criminologo di Roma cerca spiegazioni con la lettura, legge e rilegge i sette fogli marchiati dalla lettera 22. Tra i passaggi esoterici, le citazioni, le enunciazioni di ciò che è successo, compaiono righe che, inaspettatamente, e con una apparente lucidità, spiegano, ma solo in parte, il movente dell'enigma: "Noi siamo le ombre, potenze di energia, noi possiamo spostare gli uomini, portarli da una parte all'altra, senza limiti di tempo e di distanza. Noi possiamo dominare gli uomini, condurli alle nostre volontà, schiacciarli e privarli di ogni reazione, sottometterli ad un potere assoluto ed incondizionato".
Che cosa aveva in mente di fare lo psichiatra siciliano per andare in aiuto del suo complice? Lui credeva ciecamente in se, era tutto preso dal suo "Io" che pensava grande ma, in verità, la sua trappola psichiatrica era una cosa piccola, tanto piccola che l'aveva potuta immaginare solo dopo trent'anni di esperienza sul campo. L'innominabile lo incalza: "Aiutami, aiutami, risolvi questa situazione...". E lui, gonfio in petto, atteggiandosi ad un imperatore dittatore, superbo di se, felice del ruolo che ricopre, non più subalterno al capo ma dal capo riconosciuto come la chiave centrale che può aprire la porta principale e liberare tutta una storia, tutto un percorso, lui, semplicemente, dice: "Non sarà difficile, stai tranquillo, tutto si risolve, basta solo ammazzare il cavallo!". "Che cosa? Il cavallo? Che significa?".